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il giuoco delle parti | 581 |
Leone (A Silia). Il dottor Spiga, mio amico, coinquilino e imperterrito contradittore!
Spiga. Fortunatissimo, signora... Si tratta, dunque...
Sottintende: «d’una riconciliazione?»
Leone. Ma no, che hai capito?
Spiga. Che ti riconcilii con tua moglie.
Leone. Ma no, caro! Noi non siamo mica separati. Viviamo in perfetto accordo, divisi. Non c’è bisogno di riconciliazione.
Spiga. Ah... ma... allora, scusa... Già! per questo dicevo, che c’entrava con la riconciliazione la mia chirurgia? A questo punto si fa avanti Filippo, detto Socrate, che non riesce
piú a contenere la furiosa indignazione contro il padrone.
Filippo. C’entra benissimo, signor dottore! E la sua chirurgia è niente! Tutte le cose piú assurde, tutte le cose piú pazze possono entrare qua! Ah, ma io me ne vado! me ne vado! io vi pianto!
S’avvia con gesti furiosi verso la cucina.
Leone (a Spiga). Vai, vai; cerca di placarmelo! Bergson, Bergson, caro mio! Effetto disastroso!
Spiga (ride, poi spinto da Leone verso l’uscio a sinistra, si volta). Con permesso, signora.
Impuntandosi:
Leone. Vai, vai: te lo spiegherà lui.
Spiga. Uhm!
Esce.
SCENA SESTA
LEONE, SILIA.
Leone (va dietro la seggiola su cui Silia sta seduta, assorta; si china a guardarla e le dice con dolcezza): Ebbene? Sei rimasta lí... Non dici piú nulla?