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il giuoco delle parti | 579 |
Leone. Senza dubbio, senza dubbio!
Silia. Perché?
Guido. Ma perché se vado a portar la sfida, per questo solo fatto, vuol dire che non li considero come ubriachi —
Leone. — giustissimo —
Guido. — e l’insulto fatto a voi assume un’estrema gravità! —
Leone. — perfettamente!
Silia. Ma sta a voi mitigare...
Guido. Non posso! Come potrei?
Leone. Hai ragione!
A Silia:
Guido. Anche perché se il Miglioriti si vede negata ogni considerazione dello stato in cui si trovava, delle scuse che ha chiesto per lo sbaglio —
Leone. — ma sicuro, sí! —
Guido. — per ripicco, tu capisci? —
Leone. — naturalissimo! —
Guido. — vorrà le condizioni piú gravi!
Leone. Gli parrà una provocazione... Spadaccino!
Guido. Pensaci bene, oh! Una delle nostre migliori lame, te l’ho detto. E tu, una spada, non sai neppure com’è fatta!
Leone. Ah no, davvero! Ma ci penserai tu! Che vuoi che m’impicci io di codeste cose?
Guido. Come ci penserò io?
Leone. Io non ci penso di certo!
Guido. Ma tu intendi la mia responsabilità?
Leone. Tutta... gravissima... lo so! Ti compiango! Ma tu devi far la tua parte, com’io la mia. Il giuoco è questo. L’ha capito finanche lei! Ciascuno la sua, fino all’ultimo; e stai pur sicuro che dal mio pernio io non mi muovo, avvenga che può. Mi vedo e vi vedo giocare, e mi diverto. Basta.
Il campanello suona di nuovo alla porta. Filippo attraversa la scena, torbido, quasi furente, per andare ad aprire.
Leone (seguitando). Quel che mi preme soltanto è di far presto. Vai, vai. Pensa tu a tutto... Oh, c’è bisogno di denari?
Guido. No, che denari, adesso!
Leone. Perché m’hanno detto che ce ne vogliono molti.
Guido. Va bene; poi... poi...