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Silia (subito, quasi infantilmente). — che mi stavano addosso, sai? tutti, con le mani addosso... per strapparmi la veste

Leone (a Guido). — capisci? e pensò a me! che toccava a me! È tal miracolo questo, che subito, eccomi qua, subito, subito, sí, sono dispostissimo a fare tutto quel che mi tocca!

Silia (stupita, pallidissima, quasi non credendo ai suoi orecchi). Ah, benissimo!

Guido (subito). Come! Tu accetti?

Leone (piano, sorridendo). Ma sicuro che accetto! Scusa. Per forza. Non sei coerente!

Guido (con stupore). Io?

Leone. Ma sí, tu! tu! Perché la mia accettazione è una conseguenza diretta e precisa della tua prudenza.

Silia (trionfante). È vero? Mi pare!

Batte le mani.

Guido (stordito). Come... scusate... come, della mia prudenza?

Leone (grave). Rifletti un poco. Se lei è stata cosí oltraggiata, e tu hai fatto bene a essere cosí prudente, viene perfettamente di conseguenza che a sfidare debbo essere io!

Guido. Ma nient’affatto! No! Nient’affatto! Perché la mia prudenza è stata... perché... perché capii che mi sarei trovato di fronte a quattro incoscienti —

Silia (di nuovo scattando). — non è vero!

Guido (a Leone). Tu capisci: nel vino, avevano sbagliato porta; hanno chiesto scusa!

Silia. Non l’ho accettata! Comoda, la scusa, dopo l’oltraggio! Non dovevo accettarla! Ma guarda! come se l’avessero chiesta a lui! come se avessero insultato e oltraggiato lui, mentre per prudenza si teneva discosto!

Leone (a Guido). Vedi? Tu ora guasti tutto, mio caro!

Silia. L’oltraggio è stato fatto a me!

Leone (a Guido). È stato fatto a lei!

A Silia:

E subito tu, è vero? pensasti a tuo marito!

A Guido: