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il giuoco delle parti | 573 |
SCENA TERZA
Detti e Silia.
Silia (entrando come una bufera e scorgendo Guido Venanzi). Ah, siete qua? Siete venuto a prevenirlo?
Guido. No, vi giuro, signora: non ho parlato!
Silia (squadrando il marito). Vedo che lui sa!
Leone. No, cara: nulla!
Poi, con un tono quasi nuovo, gajo, alieno:
Silia (scrollandosi). Ma che buon giorno!
A Venanzi, fremente:
Leone. No, no. Parla, sicura di tutto l’effetto di sorpresa che ti ripromettevi. Non m’ha detto nulla. Anzi, se vuoi uscire, e rifar l’entrata, per investirmi all’improvviso...
Silia. Bada, Leone, che non sono venuta per scherzare!
A Venanzi:
Guido. Ma... ero venuto...
Leone. Dille la verità. Per prevenirmi, è vero, di non so quale tua follia...
Silia (saltando). Ah! una mia follia?
Guido. Sí, signora: per me, io non posso giudicarla altrimenti.
Leone. Ma non me l’ha detta! Non la so!
Guido. Sperando che voi non veniste —
Leone. — non me ne aveva detto nulla, capisci?
Silia. E come sai allora che è «una mia follia»?
Leone. Ah, questo, potevo supporlo da me! Ma veramente
Guido. — sí, questo gliel’ho detto io, che è una follia, e lo confermo!
Silia (con gran voce, al colmo dell’esasperazione). Statevi zitto, perché nessuno vi dà il diritto di giudicare della mia suscettibilità!
Pausa: poi, volgendosi al marito come se gli sparasse in petto: