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il giuoco delle parti 571


in cui Leone, infervorandosi, smette un tratto di sbattere, e gli grida): E che fate adesso?

Leone (con un soprassalto, rimettendosi subito a sbattere). Hai ragione... sí... ecco, sbatto.

Filippo. Ma non vedete che codesto parlare della ragione non vi serve ad altro che a farvi perdere la testa?

Leone. Oh, senti, se la testa che perdo non deve servirmi ad altro che a sbattere un uovo, caro mio! Abbi pazienza! È necessario, sí, lo riconosco, sbattere le uova; e sono obbediente (ecco qua) a questa necessità che tu m’insegni...

Guido (interrompendo). Siete veramente divini tutti e due!

Leone. Nient’affatto! Sono divino io solo! Lui, da un pezzo in qua, corrotto da Bergson...

Filippo. Vi prego di credere, che a me non mi ha corrotto nessuno!

Leone. Ma sí, caro mio: sei diventato cosí deplorevolmente umano, che non ti riconosco piú! Lasciami un po’ discorrere, perdio! Un po’ di vuoto, mentre a furia di sbattere ho fatto il pieno in questa ciotola!

Si sente una forte scampanellata alla porta. Filippo, posando la ciotola, si reca verso l’uscio a destra per andare ad aprire.

Leone (posando la ciotola.) Aspetta... aspetta... vieni qua: slacciami prima questo grembiule...

Filippo eseguisce.

E porta in cucina anche questo.

Si leva il berretto e glielo dà.

Filippo. Gli avete fatto onore, ve lo dico io!

Via per l’uscio a sinistra; lascerà in cucina il berretto e il grembiule di Leone e rientrerà poco dopo (mentre si svolgerà la scena seguente, rapidissima, tra Leone e Guido) per prendere e portare in cucina anche le due ciotole con le uova sbattute, dimenticandosi di andare ad aprire.

SCENA SECONDA

Leone Gala, Guido Venanzi, poi, di nuovo, Filippo.

Guido (che s’è levato in piedi, fortemente turbato, impacciato, perplesso, alla scampanellata). Hanno... hanno sonato?