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fa, gli orecchi a quel che dice, e la testa che mi vola via dietro a tutte le sciocchezze che gli scappano di bocca? Me ne vado in cucina!

Leone. Ma no, via! Sta’ qua. Starò zitto.

Piano a Venanzi, ma in modo che Filippo lo senta:

Lo ha rovinato Bergson.

Filippo. Ecco che tira fuori adesso questo Bergson!

Leone. Ma sí, perbacco!

A Venanzi:

Dacché gli ho esposto la teoria dell’intuizione, è diventato un altro. Era un formidabile ragionatore...

Filippo. Io non ho ragionato mai, per vostra regola! E ve ne faccio subito la prova, se seguitate! Vi lascio qua tutto, e vi pianto, una volta e per sempre!

Leone. Capisci? E poi non debbo dire che Bergson me l’ha rovinato! Ma Bergson, va bene, posso esser d’accordo con te nella critica che fa deila ragione...

Filippo. E dunque, basta! Sbattete!

Leone. Sbatto, sbatto... Ma stammi a sentire! Quel che di fluido, di vivente, di mobile, di oscuro è nella realtà, sissignori, sfugge alla ragione...

A Venanzi, come tra parentesi:

Come le sfugge poi, non lo so, per il solo fatto che il signor Bergson può dirlo! Come fa a dirlo? Chi glielo fa dire, se non la ragione? E dunque non le sfugge, mi pare, è vero?

Filippo (gridando esasperato). Sbattete!

Leone. E sto sbattendo, non vedi? Sta’ a sentire, Venanzi: è un bellissimo giuoco, questo che la ragione fa al signor Bergson, dandogli a credere di esser detronizzata e avvilita da lui, con infinita delizia di tutte le irragionevoli dame di Parigi! Sta’ a sentire. Secondo lui, la ragione può considerare soltanto i lati e i caratteri identici e costanti della materia; ha abitudini geometriche, meccaniche; la realtà è un flusso ininterrotto di perpetua novità, e lei la spezzetta in tante particelle stabili e omogenee..

Filippo (che non lo perde un momento di vista, sbattendo sempre nella sua ciotola, pian piano, curvo, gli s’appressa; coglie il punto