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550 | maschere nude |
Leone. Ti pare che ecceda?
Guido. Sí, perché, vedi? tante volte tu...
Lo guarda e s’impunta.
Leone. Io?
Guido. Tu sconcerti.
Leone. Oh bella! Io sconcerto? Chi sconcerto?
Guido. Sconcerti, perché... far tutto, sempre, a modo degli altri... come vogliono gli altri... Scommetto che se tua moglie ti diceva: «Litighiamo!»
Leone. Io le rispondevo: «Litighiamo!»
Guido. Tua moglie ti disse: «Separiamoci!»
Leone. E io le risposi: «Separiamoci!»
Guido. Vedi? Se tua moglie ti avesse allora gridato: «Ма cosí non possiamo litigare!»
Leone. Io le avrei risposto: «E allora, cara, non litighiamo!»
Guido. E non comprendi che tutto questo, per forza, sconcerta? Perché, fare come se tu non ci fossi... capirai, per quanto uno faccia, poi, a un certo punto, si... si resta come trattenuti... impacciati... perché... perché è inutile... tu poi ci sei!
Leone. Già.
Pausa.
Pausa. Con altro tono:
Guido. No, Dio mio, non dico questo!
Leone. Ma sí, caro! Non dovrei esserci. T’assicuro però che mi sforzo, quanto piú posso, d’esserci il meno possibile, e non solo per gli altri, ma anche per me stesso. La colpa è del fatto, caro mio! Sono nato. E quando un fatto è fatto, resta là, come una prigione per te. Io ci sono. Ne dovrebbero tener conto gli altri, almeno per quel poco, di cui non posso fare a meno, dico d’esserci. L’ho sposata; o, per esser piú giusti, mi son lasciato sposare. Fatto, anche questo: prigione! Che vuoi farci? Quasi subito dopo, lei si mise a sbuffare, a smaniare, a contorcersi rabbiosamente per evadere... e io... t’assicuro, Guido, che ne ho molto sofferto... S’è trovata poi questa soluzione. Le ho lasciato qua tutto, portandomi via soltanto i miei libri e le mie stoviglie