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546 maschere nude


Guido. Per causa tua! Perché tu non sai approfittarti della libertà ch’egli t’ha data —

Silia. — di lasciarmi amare da te, o da un altro... di starmene qua, o altrove, libera, liberissima... (c. s.) Ma se non sono mai io!

Guido. Come non sei tu?

Silia. Io, libera di disporre di me, come se non ci fosse nessuno!

Guido. E chi c’è?

Silia. Lui! Io vedo sempre lui che me l’ha data, questa libertà come una cosa da nulla, andandosene a vivere per conto suo, e dopo avermi dimostrato tre anni, che non esiste, questa famosa libertà, perché, comunque possa avvalermene, sarò sempre schiava... anche di quella sua seggiola là, guarda! che mi sta davanti come qualche cosa che vuol essere una sua seggiola, e non una cosa per me, fatta perché io ci segga!

Guido. Ma questa è una fissazione, scusa!

Silia. Io ho l’incubo di quest’uomo!

Guido. Non lo vedi mai!

Silia. Ma c’è! c’è! E l’incubo non mi passerà mai, finché so ch’egli c’è! Ah Dio, morisse!

Guido. Scusa, non seguita a venire, sí e no, la sera, per una mezz’oretta soltanto?

Silia. Non viene neanche piú! Mentre è nei patti che deve venire, deve venire da me ogni sera, per mezz’ora. Ogni sera!

Guido. E viene difatti. Non sale. Ti fa domandare dalla cameriera se non c’è nulla di nuovo...

Silia. Nossignore. Deve salire, deve salire. E deve stare qua, mezz’ora, ogni sera, com’è nei patti.

Guido. Scusa... se dici...

Silia. Che cosa? Ti sembra un’altra contraddizione?

Guido. Hai detto che per te è un incubo!

Silia. Ma io dico che ci sia, che viva, questo è l’incubo per me! Non è mica il suo corpo... Che io lo veda, anzi, è meglio. E apposta lui non si fa piú vedere, perché lo sa. Mi si presenta... è lí seduto... come un altro... non piú brutto, né piú bello d’un altro; gli vedo gli occhi, come li ha... che non mi sono mai piaciuti (Dio! odiosi... acuti come due aghi e vani nello stesso tempo), sento il suono