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e piú imbizzarriscono a pararlo con tutte le loro galanterie piú vistose! Eh, le donne, caro signore! Ma del resto è la loro professione... — «Se tu facessi una capatina in città, caro! Avrei proprio bisogno di questo... di quest’altro... e potresti anche, se non ti secca (caro, il «se non ti secca»)... e poi, giacché ci sei, passando di là...» — Ma come vuoi, cara mia, che in tre ore ti sbrighi tutte codeste faccende? «Uh, ma che dici? Prendendo una vettura...» — Il guajo è che, dovendo trattenermi tre ore sole, sono venuto senza le chiavi di casa.

L’uomo dal fiore. Oh bella! E perciò?

L’Avventore. Ho lasciato tutto quel monte di pacchi e pacchetti in deposito alla stazione; me ne sono andato a cenare in trattoria; poi, per farmi svaporar la stizza, a teatro. Si crepava dal caldo. All’uscita, dico, che faccio? Sono già le dodici; alle quattro prendo il primo treno; per tre orette di sonno, non vale la spesa. E me ne sono venuto qua. Questo caffè non chiude, è vero?

L’uomo dal fiore. Non chiude, nossignore.

Pausa.

E cosí, ha lasciato tutti quei pacchetti in deposito alla stazione?

L’Avventore. Perché me lo domanda? Non vi stanno forse sicuri? Erano tutti ben legati...

L’uomo dal fiore. No, no, non dico!

Pausa.

Eh, ben legati, me l’immagino: con quell’arte speciale che mettono i giovani di negozio nell’involtare la roba venduta...

Pausa.

Che mani! Un bel foglio grande di carta doppia, rossa, levigata... ch’è per se stessa un piacere vederla... cosí liscia, che uno ci metterebbe la faccia per sentirne la fresca carezza... La stendono sul banco e poi con garbo disinvolto vi collocano su, in mezzo, la stoffa lieve, ben piegata. Levano prima da sotto, col dorso della mano, un lembo; poi, da sopra, vi abbassano l’altro e ci fanno anche, con svelta grazia, una rimboccaturina, come un di piú per amore del-