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la vita che ti diedi 519


Donn’Anna (restando un attimo). Tu?

Poi con un grido:

— Ah, sí!

L’abbraccerà freneticamente:

Non te lo portar via! Non te n’andare! non te n’andare!

Lucia. No, non me n’andrò! non me n’andrò, mamma! non me n’andrò!

Francesca. Come non te n’andrai? Che dici? Tu te ne verrai via, subito, con me!

Donn’Anna. No! Me la lasci, signora! è mia! è mia! me la lasci! me la lasci!

Francesca. Ma lei è pazza, signora!

Donn’Anna. Pensi che è troppo, è troppo quello che m’ha fatto!

E subito, carezzevole a Lucia:

— No, no — sai? — non te ne fo colpa! — Sono la tua madre!

Francesca. Ma vuole che lasci me per lei? E i suoi figli?

A Lucia:

— Hai i tuoi bambini! Li vuoi abbandonare, per restare qua con nessuno?

Donn’Anna (insorgendo). Ma ne avrà un altro qua, che non potrà dare là a chi non appartiene!

Francesca (violenta). Signora, ma si fa coscienza lei di quello che dice?

Lucia. E tu, di quello che io farei? ti fai coscienza?

Donn’Anna (subito abbattendosi). No, no: tua madre ha ragione, figlia! Ha capito che io lo dico per me — per me — non per quello! — Divento misera, misera anch’io! — Ma è perché muojo anch’io, ora, vedi? — Sí, appena ti nascerà questo che ti porti via lontano; appena gliela darai tu, di nuovo, la vita — là — fuori di te! — Vedi? Vedi? Sarai tu la madre allora; non piú io! Non tornerà piú nessuno a me qua! È finita! Lo riavrai tu, là, mio figlio — piccolo com’era — mio — con quei suoi capelli d’oro e quegli occhi ridenti — com’era — sarà tuo; non piú mio! Tu, tu