Respingendo l’abbraccio della madre, pervolgersi a Donn’Anna.
No! — Morto? — E come? lei No! Non è possibile! Oh Dio,
con le mani tra i capelli:
il sogno che ho fatto!
Smarrendosi e guardandosi attorno:
Morto? — Ditemelo! Ditemelo!
Francesca. Sono già tanti giorni, figlia —
Lucia. Tanti giorni? —
A Donn’Anna:
— che è morto? — E lei — come? — perché non me l’ha detto? Com’è morto? come? — Ah Dio, là dove ho dormito? E mi ha fatto dormire là?
Donn’Anna è interita, come un’immagine sepolcrale.
— L’ho voluto io; ma lei... — come? — «I fiori» «è partito» — «queste sono le sue stanze» — «non so dov’è» — E io l’ho sognato, che non poteva piú ritornare, tanto lontano se n’era andato; — lo vedevo, cosí lontano, con un viso da morto — il suo viso! il suo viso! — Ah Dio! ah Dio! —
E romperà in pianto, perdutamente.
Per non farmi piú pensare che se non l’avevo trovato qua ad aspettarmi, come doveva eh sí, questo soltanto doveva essere accaduto, che fosse morto! E non l’ho compreso, perché lei —
si rizzerà dal pianto, lo stupore vincendo ora il dolore:
— ma come ha fatto? — com’ha potuto fare? — per me? — ed egli è morto anche a lei — è incredibile! — me n’ha parlato come se fosse vivo!
Donn’Anna (guardando lontano). Lo vedo —
Lucia (stordita). — che è morto? — e non le è morto qua sotto gli occhi? —