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viaggiato come una disperata — Dov’è? dov’è? — Ancora non lo sa?

Donn’Anna. Piano, piano — non lo sa!

Francesca. Mi conduca da lei! La sveglierò io! glielo dirò io!

Donn’Anna. No, signora, per carità!

Francesca. Ma come? lei, — non avvertire nessuno, nemmeno me, della sciagura, per non farle commettere questa pazzia!

Donn’Anna. Non l’ha commessa per lui — no! — creda.

Francesca. Come non l’ha commessa per lui?

Donn’Anna. No, no. Le dirò —

Francesca. Io voglio vederla subito!

Donn’Anna. Ma giacché sa, ormai, non abbia piú timore, né tutta quest’ansia, signora.

Francesca. — come vuole che non l’abbia? io...

Donn’Anna. — si calmi — mi lasci dire. —

Francesca. — l’avrò finché non me la sarò riportata via! — Mi sono precipitata appena letto il biglietto che mi lasciò, là, per raccomandarmi i bambini. Ha due figli — lo sa lei? Ah Dio, come non sono morta, non lo so!

Donn’Anna. Piano — venga con me, la prego: — ella dorme di là!

Francesca. Ah, di là? Io vado subito.

Farà per lanciarsi verso l’uscio a destra.

Donn’Anna (parandosi di fronte a lei). No, signora! Lei non sa il male che le farebbe!

Dirà con tal tono questo ammonimento, che l’altra madre ne resterà, per un istante, sgomenta e come smarrita.

Francesca. Perché?

Donn’Anna (subito, recisa). Perché non sa quello che io so! Il caso è molto piú grave di quanto lei s’immagina!

Francesca. Piú grave?

La guarderà spaventata.

Donn’Anna. Sí! Me l’ha confessato lei stessa, arrivando!

Francesca. — Che — che con lui?

Donn’Anna. — Sí — e ch’egli non è cosí morto, come a lei pare —