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Poco dopo levata la tela, apparirà sulla soglia dell’uscio infondo Giovanni che darà passo alla signora Francesca Noretti arrivata or ora dalla stazione in un’ansia angosciosa e spaventata.

Giovanni. Entri, entri, signora.

Francesca. Ma possibile che dorma?

Giovanni. Sarà ancora stanca del viaggio. Sono appena le sette, del resto.

Francesca. E dove dorme? Non lo sapete?

Giovanni. Jeri Elisabetta le preparava la stanza al piano di sopra.

Francesca. Non potete condurmi da lei?

Giovanni. Io su non salgo, signora. Ma ho fatto avvertire Elisabetta. E la padrona è già levata. L’ho vista quando ha aperto la finestra all’alba.

Francesca. Ma possibile che ancora non lo sappia? — È arrivata jeri sera?

Giovanni. Sissignora, jersera. La padrona è andata a prenderla alla stazione.

Francesca. E voi l’avete vista arrivare? — Piangeva?

Giovanni. Nossignora: non m’è parso.

Francesca. Che non gliel’abbiano ancora detto? — Se può dormire... —

Giovanni. Probabile, signora, perché — guardi queste piante: le ho portate io qua jeri... — È come se non fosse morto per la padrona. — Non s’è mica vestita di nero.

Francesca. E per questo non ne ha fatto sapere niente a nessuno? — È morto da undici giorni?

Giovanni. Come stamattina.

Francesca. E l’ho saputo ora alla stazione, arrivando come ho domandato di lui — dove stava —

Giovanni. Ecco la padrona.

Entrerà di fretta Donn’Anna. E Giovanni uscirà.

Donn’Anna. Piano, piano per carità! — Lei è la mamma?

Francesca. Può immaginarsi in quale stato, signora! — Ho