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la vita che ti diedi | 507 |
fatto carne: — erano di quello, carne — ma l’amore che ci avevo messo io, l’amore che avevo dato io anche a quegli altri — io, io cosí col cuore pieno di lui — li aveva fatti, anche quelli, quasi di lui. L’amore è uno! — E ora... ora questo non è piú possibile! — Di due io non posso essere. Piuttosto m’uccido.
Donn’Anna. Non solo per te, ma anche per non dare a quell’altro «questo» che è tuo solamente e di lui — non puoi —
Lucia. — è vero? è vero? —
Donn’Anna. Non devi!
E smarrendosi un poco
Lucia. — l’ha detto lei! —
Donn’Anna. — sí — per sapere se hai pensato anche a questo! —
Lucia (dopo una breve pausa, ripigliandosi e infoscandosi). La violenza che ho fatto a me stessa per tanti anni — quei due bambini che mi sono nati ad onta di questa violenza —
Resterà improvvisamente in tronco.
Donn’Anna. Che vuoi dire?
Lucia. Nulla, nulla contro di loro! Ah, ma contro quell’uomo — è un cosí intimo e oscuro sentimento d’odio, che non lo so dire. — Sento che io sono stata madre due volte cosí, senza la mia minima partecipazione, per opera d’un estraneo a me — e badi, nella mia carne viva e con tutto lo strazio dell’anima — mentre lui — oh, lui non lo saprebbe nemmeno!
Donn’Anna. Ma lo sai tu!
Lucia. Sí, e allora per rispetto a me, non per rispetto a lui! Avrebbe reso da me un male assai minore di quello che mi ha fatto.
Donn’Anna. Non lo conosco: non posso giudicare.
Lucia. Solo perché moglie m’ha reso madre, per potersene poi andare spensierato con altre donne — tante! — cinico e sprezzante; solo attento agli affari; e poi, levato di lí, fatuo, frigido — guarda la vita per riderne, e le donne per prenderle, e gli uomini per ingannarli. — Ho potuto resistere a stare ancora con lui, solo perché avevo chi mi te-