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506 | maschere nude |
Donn’Anna. Sí sí, certo — calmati — siedi, siedi qua accanto a me — e lasciati chiamare figlia —
Lucia. — sí, sí —
Donn’Anna. — Lucia —
Lucia. — sí —
Donn’Anna. Figlia mia! —
Lucia. — sí, mamma! mamma! — Ora sento che è meglio cosí; ch’io abbia trovato lei qua, prima, e non lui —
Donn’Anna. — figlia mia bella — bella! — questi occhi — questa fronte — quest’odore dei tuoi capelli — comprendo, comprendo! — Ah, egli doveva — ma fin da prima, fin da prima doveva farti sua! Questa gioja me la doveva dare, d’avere in te un’altra mia figlia, cosí! — cosí! —
Lucia. — senza tutto il male — oh Dio, il male che abbiamo fatto!
Donn’Anna. Ora non ci pensare! — Quelli che non ne hanno fatto, figlia, chi sa di quanto male sono stati cagione agli altri, a quelli che lo fanno, e che forse saranno i soli ad averne poi bene. Tu piú di me.
Lucia. Ho tagliata in due la mia vita — io —
Donn’Anna. — ne hai una in te —
Lucia. — ma quegli altri, là? — Son dovuta fuggire qua, con questa, che ancora è nulla e che pure subito è diventata tutto — tutto l’amore precipitato d’un tratto cosí, diventato d’un tratto ciò che non doveva mai diventare!
Donn’Anna. La vita!
Lucia. Ah quello che ho patito, lei non lo sa, non lo potrà mai immaginare! Il letto, Dio mio, dove si riposa, diventato un orrore! — Certi patti con me stessa... — Sa, sa il bruciore di certi tagli? — Cosí! Là, a tenermi coi denti finché potevo, per impedirmi che il corpo finisse d’appartenermi e cedesse! E ogni qual volta scattavo da quell’orribile incubo dove per un attimo, cieca, era stata costretta a mancarmi — ah — liberata — potevo essere di lui, pura, per il martirio subíto — senza rimorsi. — Non dovevamo cedere anche noi! Il patto poteva valere soltanto cosí. — Perché, anche quegli altri là — che crede? (lei è madre, e con lei posso parlare)
Donn’Anna. — sí, parla, parla —
Lucia. — quegli altri là (è vero) non erano amore che si fosse