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la vita che ti diedi | 503 |
Donna Fiorina. La giovane ne sarà rimasta offesa, mortificata e turbatissima.
Donn’Anna (ansiosa, introducendola). Vieni, vieni. Sono le sue stanze. E se entri là, ne avrai la prova: li vedrai da per tutto, con gli ultimi fiori lasciati jeri davanti a tutti i tuoi ritratti.
Lucia (amabile, ironicamante). I fiori, e poi se n’è fuggito?
Donn’Anna. Torni a rimproverarlo? Se sapessi a che costo non è qua —
Lucia. Vengo, e non si fa trovare. Lei dice che l’ha fatto per me?
Donn’Anna. — contro il suo cuore —
Lucia. — per prudenza? — e non le sembra che sia ben piú che un rimprovero, un’offesa per me, tanta prudenza un insulto —
Donn’Anna (dolente). — no — no —
Lucia. oh Dio, cosí crudo, che si può pensare abbia voluto usarla per sé — non per me — la prudenza.
Donn’Anna. No, per te! per te!
Lucia. Ma io non sono morta! Io sono qua!
Donn’Anna. Morta? Che dici?
Lucia. Eh sí, mi scusi: se al mio arrivo se n’è fuggito e ha lasciato i fiori là davanti ai miei ritratti, che vuol dire? che vuol essere come per una morta il suo amore? E io che ho lasciato là tutta l’altra mia vita, per correre qua a lui! — Oh! oh! è orribile, orribile quello che ha fatto!
Si nasconderà il volto tra le mani, fremendo di vergogna e di sdegno.
Donn’Anna (quasi tra sé, guardando nel vuoto). Non l’avrebbe fatto... È certo che non l’avrebbe fatto...
Lucia (si volterà di scatto a guardarla). C’è dunque una ragione per cui l’ha fatto?
Donn’Anna (quasi senza voce). Sí.
E sorriderà squallidamente.
Lucia. Che ragione? Mi dica!
Donn’Anna. Mi permetti di chiamarti Lucia?
Lucia. Mi chiami Lucia, sí. Anzi, gliene sono grata!