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scosterà anche lei con la mano la lieve cortina; poi aprirà la vetrata e guarderà nel giardino.

Elisabetta (dalla finestra). Chi è là? —

Pausa.

Oh Giovanni sei tu? —

Pausa.

Giovanni?

La voce di Giovanni (dal giardino, allegra). La vedi?

Elisabetta. No, che cosa?

La voce di Giovanni. Là, ancora tra gli olivi della collina.

Elisabetta. Ah, sí la vedo. E tu stai lí a guardare la luna?

La voce di Giovanni. Voglio vedere se è vero quello che mi disse.

Elisabetta. Chi?

La voce di Giovanni. Chi! Chi ora non la vede piú.

Elisabetta. Ah, lui?

La voce di Giovanni. Da costà; ove sei tu.

Elisabetta. Non mi far paura: ne ho tanta!

La voce di Giovanni. La sera dopo che arrivò.

Elisabetta. Ti disse della luna? E che ti disse?

La voce di Giovanni. Che piú va su, e piú si perde.

Elisabetta. La luna?

La voce di Giovanni. Tu guardi in terra — mi disse — e ne vedi il lume là sulla collina, qua sulle piante; ma se alzi il capo e guardi lei, piú alta è, e piú la vedi come lontana dalla nostra notte.

Elisabetta. Lontana? Perché?

La voce di Giovanni. Perché notte è qua per noi, ma la luna non la vede, perduta lassú nella sua luce, intendi? — A che pensava, eh? guardando la luna. — Sento i sonaglioli della vettura.

Elisabetta. Corri, corri ad aprire il cancello.

Elisabetta richiuderà in fretta la finestra e si ritirerà per l’uscio in fondo.

Poco dopo, da quest’uscio, entreranno Lucia Maubel e Donn’Anna. Avranno avuto durante il tragitto dalla stazione alla villa le prime spiegazioni prevedute già nella prima scena da