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la vita che ti diedi 497


Donna Fiorina. Ma come? — Oh Dio, ma come? Voi? Cosí?

Lida. Siamo riusciti a partire oggi, vedi?

Flavio. A precipizio! Sbrigando tutto in due ore!

Lida. Ora se ne vanta! Non voleva —

Flavio. Sfido! Corri di qua! scappa di là! Dalla sarta, dalla modista — Chypre Coty — calze di seta! (che te ne farai poi qua in campagna, non lo so!)

Lida. Vedrai, vedrai, mammina, quante cose belle ho portato, anche per te!

Donna Fiorina (che avrà cercato di sorridere, ascoltandoli; ma che pure, avendo notato subito il loro cambiamento, si sarà sentita come raggelare; ora dirà, con gli occhi rivolti alla sorella che si sarà tratta un po’ in disparte nell’ombra che comincerà a invadere la stanza): Sí... sí, — ma Dio mio... — io non so... — come parlate?

Subito, allora, a Lida e a Flavio, seguendo lo sguardo della madre, sovverrà d’essere in casa della zia: penseranno alla sciagura recente di cui nel primo impeto non si saranno piú ricordati e, attribuendo a questa loro dimenticanza lo sbigottimento della madre, si turberanno e si volgeranno confusi e mortificati alla zia.

Flavio. Ah, la zia — già! —

Lida. Scusaci, zia! Entrando a precipizio —

Flavio. Non vedevamo la mamma da un anno —

Lida. Il povero Fulvio —

Flavio. — ne abbiamo avuta tanta pena —

Lida. — per te, zia!

Flavio. Contavo di trovarlo qua; di passare con lui le vacanze — —

Lida. E io di conoscerlo, perché —

Flavio. — ma dovresti ricordartene! —

Lida. — avevo appena nove anni, quando partí —

Flavio. Povera zia!

Lida. Scusaci! E anche tu, mamma!

Donn’Anna. No, Flavio; no, Lida. Non è per me; è per voi.

Lida (non comprendendo). Che cosa, per noi?

Donn’Anna. Niente, cari!