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494 | maschere nude |
Donn’Anna (con occhi accesi di cupa gioja vorace). L’ho letta per lui!
E subito a prevenire:
Ma era piú amara della prima!
Donna Fiorina. Dio mio, Anna, tu mi spaventi!
Donn’Anna. Una mamma che si spaventa, come se non avesse tenuto vivi in grembo i suoi due figli e non li avesse nutriti di sé, con quella bella fame per due! O che ti spaventavi allora? Io ora mangio la vita per lui! Se lo chiamo, che fai? torni a spaventarti?
Donna Fiorina (s’otturerà le orecchie come se la sorella stesse per gridare il nome del figlio). No, Anna mia! no! no!
Donn’Anna. Temi che possa castigare il tuo spavento, comparendoti per burla di là?
Indicherà la camera del figlio.
Donna Fiorina. Lo so! E intanto fai, come se fossi|
Donn’Anna. Che ne sai tu come faccio? delle ore che passo? Quando, su, abbandono la testa sui guanciali, e lo sento, lo sento anch’io il silenzio e il vuoto di queste stanze, e non mi basta piú nessun ricordo per animarlo e riempirlo, perché sono stanca. «So» anch’io, allora! «so» anch’io! e mi invade un raccapriccio spaventoso! L’unico rifugio, l’ultimo conforto allora è in lei, in questa che viene e che ancora non «sa». — Me le rianima e me le riempie lei subito, queste stanze; mi metto tutta negli occhi e nel cuore di lei per vederlo ancora qua, per sentirlo ancora qua, vivo; poiché da me non posso piú!
Donna Fiorina. Ma ora che lei viene —
Donn’Anna. Tu vuoi farmi pensare prima del tempo a ciò che avverrà! Sei crudele! Non vedi come smanio? Mi par di respirare come chi abbia i minuti contati e tu mi vuoi levare quest’ultimo minuto di respiro!
Donna Fiorina. Ma perché considero che con questo viaggio lei rischia di compromettersi; ora che tutto è finito.
Donn’Anna. No. Gliel’ha scritto. Approfitta d’una assenza del marito, andato da Nizza a Parigi per affari.