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la vita che ti diedi 481


Donn’Anna (lo guarderà come ferita dalla parola «ricordo» e volterà pian piano la testa quasi per non vedere la sua ferita; andrà a sedere e dirà a se stessa, dolente ma con fredda voce): Non posso piú né parlare, né sentire parlare.

Donna Fiorina. Perché, Anna?

Donn’anna. Le parole — come le sento proferire dagli altri!

Don Giorgio. Io ho detto «ricordo».

Donn’anna. Sí, don Giorgio; ma è come una morte per me. Se non ho mai, mai vissuto d’altro? Se non ho altra vita che questa l’unica che possa toccare: precisa, presente — lei mi dice «ricordo», e subito me l’allontana, me la fa mancare.

Don Giorgio. Come dovrei dire allora?

Donn’anna. Che Dio vuole che mi viva ancora, mio figlio! — Cosí. — Non certo piú di quella vita che Egli volle dare a lui qua; ma di quella che gli ho data io, sí, sempre! Questa non gli può finire finché la vita duri a me. — O che non è vero che cosí si può vivere eterni anche qua, quando con le opere ce ne rendiamo degni? — Eterno, mio figlio, no; ma qua con me, di questo giorno che gli è rimasto a mezzo, e di domani, finché vivo io, mio figlio deve vivere, deve vivere, con tutte le cose della vita, qua, con tutta la mia vita, che è sua, e non gliela può levare nessuno!

Don Giorgio (pietosamente, per richiamarla da tanta superbia, come a lui pare, alla ragione, accennerà a Dio, levando una mano).

Donn’Anna (subito, intendendo il gesto). No. Dio? Dio non leva la vita!

Don Giorgio. Ma io dico quella che fu la sua qua.

Donn'anna. Perché sapete che c’è di là un povero corpo che non vi vede e non vi sente piú! E allora, basta, è vero? È finito. Sí, vestirlo ancora d’uno dei suoi abiti portati di Francia, anche se non serva a ripararlo dal gelo che ha in sé e non gli viene piú da fuori.

Don Giorgio. Ma è pure un rito, signora mia —

Donn'anna. — sí, recitare le preghiere, accendere i ceri... — E fate, sí; ma presto! — Io voglio quella sua stanza là com’era; che stia là viva, viva della vita che io le do, ad attendere il suo ritorno, con tutte le cose com’egli me