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Sirio (pacato e fermo). Ah, io non la rispetto? Hai il coraggio di dire che io non la rispetto, perché voglio che serva a qualche cosa che stia sopra e oltre a quello che possiamo soffrire tu — lei — io stesso?

Giuncano (con derisione). Tu? Sirio. Se ci metto tutta la mia vita, e quella degli altri...

Giuncano. Uccidendola?

Sirio. No; anzi, perché non muoja piú!

Giuncano. E muoja intanto per sempre?

Sirio. Hai tu coscienza che questa mia statua sia bella? bella, veramente bella? E che vuoi che m’importi d’altro, dunque, se poi pagherò io piú di tutti la mia opera compiuta?

Giuncano. Se per te la vita non ha piú prezzo...

Sirio (subito, con forza). Ma questo prezzo: la mia statua!

Tuda (levandosi con impeto frenetico). E allora prendimi! se non posso piú servirti —

Sirio (infastidito). — via, lèvati! —

Tuda. — no! no, se poi davvero ti vuoi uccidere —

Sirio (c. s.). — lèvati, ti dico —

Tuda. — come mi levo? Non senti che sto morendo per te? Prendimi, prendimi, prendi la vita che mi resta, e chiudimi là nella tua statua!

Sirio. Sei pazza?

Tuda. Sí, sí! Che vi muoja dentro! Se non mi vuoi far vivere!

A Giuncano:

Lei cercava una pasta ardente da colare dentro alle statue? Eccola! Eccola! Io ardo! io ardo!

Smaniando disperatamente, fa per strapparsi le vesti d’addosso e si slancia verso i tre scalini di legno sotto al cavalletto che sorregge la statua.

E ci voglio essere io, là dentro!

Sirio (correndole dietro con la stecca brandita e raggiungendola sull’ultimo dei tre gradini). Non la toccare o t’uccido!

Giuncano (come una belva, saltandogli dietro e ghermendolo con una mano alla gola, lo strappa giú e precipita con lui a terra).Chi uccidi? Guai a te se la tocchi! — No! — T’uccido io!

Tuda. Oh Dio, no! lo lasci! lo lasci!