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diana e la tuda 461


Tuda (con impeto, luminosa). No, signora, no! Non di questo, non di questo s’è approfittato lui — non lo credete! — S’è approfittato di voi, come di me, per la sua statua di quanto voi m’avete fatto soffrire (credevo per gelosia; ora so ch’è stata cattiveria) — perché giovava alla sua statua!

Scorgendo Sirio che, sorridendo, fa cenno di sí

Ecco, vedete? dice di sí; sorride e dice di sí!

Giuncano. Non ridere, non ridere, sai! Non seguitare a cimentare in questo momento!

Sirio. Ma va’ là, che cimentare! Rido perché mi piace moltissimo che lei l’abbia capita cosí bene —

Giuncano. — la tortura a cui l’hai messa?

Sirio. — ma no! — ch’io non stavo qua come un gonzo a far la ridicola figura dell’uomo conteso da due donne.

E ride di nuovo.

Tuda (subito a Giuncano). Lo lasci, lo lasci ridere! Piace anche a me che rida, e che confessi cosí lui stesso che s’è approfittato! Lo compresi subito, sa perché? perché quand’ero lassú

indica lo zoccolo

avrebbe dovuto gridarmi: «Non fare questi occhi!» «Apri quella mano! apri quella mano!» — Non me lo gridò mai.

Giuncano. Lasciò alla statua serrare la mano; e avere quegli occhi!

Tuda. Oh! Ecco! E di questo vede? sono andata a vendicarmi con quello stupido là!

A Sirio:

Perché tu che in me t’eri comprata la modella, della modella ti dovevi servire per la tua statua com’era; e non di me che soffrivo, per farla diventare un’altra! Lo sa, lo sa, Maestro, quello che ho fatto?

Giuncano. Lo so.

Tuda. Per questo l’ho fatto! Lei lo capisce?

Volgendosi a Sirio: