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diana e la tuda 457


Sirio (pronto e duro). Non è venuta da sé.

A Giuncano:

Non vuole entrare. Vuole prima parlare con te.

Giuncano (movendosi verso la porta). Con me?

Sirio. Aspetta!

Jonella. Diceva che non voleva piú ritornare...

Sara. Sei dunque andato a cercarla?

Sirio (si volterà prima di scatto a guardare Sara poi dirà a Giuncano): Falla entrare!

Sara (subito, fermando Giuncano). Ah no, ti prego! Lascia prima che me ne vada via io!

Giuncano. E poi, io no!

Sirio. Conducila con te! Non dico di farla entrare qua!

Giuncano. Se non vuole!

Sirio. Non t’ho detto che non voglia. T’ho detto che vuole prima parlare con te. Le parlerai su.

Sara. Ma io vado. Non starò mica ad aspettare che ella lo ponga come patto del suo ritorno.

Giuncano. Ne avrebbe tutta la ragione!

Sirio. Niente patti! I patti ora li pongo io — a tutti io che sono il solo che voglia fare e abbia da fare!

Prendendo da un cavalletto una delle stecche con la creta incrostata e mostrandola a Giuncano:

Ma guarda, guarda qua le mie stecche! — Bizze stupide, ridicolaggini; e io non posso piú lavorare! — Su, su, vai! Non so che voglia dirti. Dice che può dirlo soltanto a te. (Giuncano via.)

Sara. Ah, per me, basta.

Jonella. E anch’io allora me ne posso andare, se è tornata lei.

Sirio. Cosí com’è, per ora, non potrà servirmi.

Jonella (a Sara). Eh sí, l’ho detto: sciupata.

Sirio. Non sembra piú lei. Ci vorrà chi sa quanto prima che si rimetta.

Sara. Tanto piú edificante che sii andato a cercarla, se non sai che fartene!

Sirio. Non lo sapevo, quando sono andato; ma anche sapendolo, sarei andato a cercarla ugualmente!