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Giuncano (come a se stesso, piano). Le donne: basta che dicano una menzogna con voce di pianto; e che menzogna piú? Un pianto vero, che piú vero di cosí non potrebbe essere.

Sara. Menzogna, questo pianto?

Giuncano. No. Appunto. Ma l’amaste cosí poco la vostra figliuola...

Sara. Che ne sapete voi, se dopo...

Giuncano. Sí sí, è possibile.

Sara. Meglio non parlarne.

Pausa.

Cercate attorno; non trovate piú un fuscello per alimentarlo, il fuoco. Si diventa cattivi. E non si può dar di peggio che avvertire che si comincia a essere di peso agli altri. Si prova una cosí frigida irritazione! Fingiamo di non accorgercene, per salvare davanti a noi stessi il nostro amor proprio... Guardate: vi assicuro che questa mosca da un pezzo se ne sarebbe volata via di qua, se, tutt’a un tratto, non le avessero offerto, con questo matrimonio, di potersi prendere il gusto inatteso, insperato (e perfido, sí: me lo dico da me) di entrare qua a prendersi e portar via il marito a questa moglie che non poteva dir nulla. Mi sono tanto divertita a vederla impallidire.

Giuncano. E lui?

Sara. Lui no.

Giuncano. V’ha dato la chiave di qui per procurarvi questo divertimento?

Sara. No. Gli uomini non sono cosí, caro Maestro. L’uomo prova un’istintiva gratitudine per la donna che, sacrificando un po’ del suo pudore, dimostra di voler piacere a uno solo, sfidando la malignità degli altri; ma non può soffrire poi che questa donna faccia dispetto a un’altra donna che dimostri di avere per lui qualche simpatia.

Giuncano. Se v’ha lasciato fare qua, e altrove, tutti i dispetti e il male che avete voluto!

Sara. Perché non si cura piú di nulla. Per non discutere, non s’oppone quasi piú a nulla. Sapete bene com’è. Vuole soltanto lavorare.