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Al levarsi della tela, Sara Mendel, in piedi, manda via lungamente il fumo aspirato dalla sigaretta; poi, parlando con lentezza, quasi per assaporare la sua impudente sincerità, dice a Nono Giuncano che sta seduto e mostra di non prestarle ascolto.
Sara....del resto, nascondermi, da chi? Di quello che faccio, non debbo dar conto a nessuno; tanto meno poi di quello che sento. Sanno tutti quel che c’è tra me e Dossi. E con un uomo come lui...
S’interrompe; guarda un po’ Giuncano, poi soggiunge con altro tono:
Giuncano (alza il capo con disprezzo). Voi?
Sara. Ecco: vedete che già me lo prestate?
Giuncano. M’in-fa-sti-di-te!
Sara (dopo una pausa). Se uno tra noi due, caro Maestro, farebbe bene a nascondere i suoi sentimenti, quest’uno siete proprio voi. È una pena, credete, una pena per tutti, vedervi cosí alla vostra età col rispetto che tutti vi debbono portare — via, per una...
Giuncano (balzando in piedi). Vi ordino di tacere!
Sara. Oh!
E sta a guardarlo, come se le piacesse; poi, con freddezza:
Giuncano. — non è vero — ma vi ordino lo stesso di tacere!
Sara. Ah, caro Maestro, no: se Dossi non è vostro figlio, qua voi — a me — non ordinate nulla.
Giuncano. Io lo odio, lo odio — potete dirglielo —
Sara. — tanto piú! —
Giuncano. — ome lo odiai quando nacque a sua madre!
Sara. Anche codesto sentimento dovreste nascondere.
Giuncano. Ma glielo griderò in faccia appena lo vedo!
Sara. Sanno tutti che, morta la madre, abbandonato dal