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Giuncano. Io, un bene?

Tuda. Sí: mi prenda con sé!

Giuncano. Io? che dici?

Tuda. Potrei, potrei per tutto quello che ha sofferto —

Giuncano. — un po’ di pietà? — ma abbila per te, la pietà!

Tuda. — appunto: per me! Glielo dico per me! — A lei, se potessi, per tutto quello che ha sofferto —

Giuncano. — ma lascia star me! —

Tuda. — vorrei poter dare, veramente, una gioja —

Giuncano. — tu? —

Tuda. — lo so: non sono niente... —

Giuncano. — ti pare di essere niente — cosí viva?

Tuda (con brama esasperata). — già — ma per chi — viva?

Giuncano. Lo vedi? Hai bisogno d’esser viva per qualcuno!

Tuda. No, no! Per lei! Potrei, potrei ancora!

Giuncano. Ma che per me! Per nessuno! Per te stessa, viva!

Tuda. E che vale?

Giuncano. Per questo niente che ti credi! Fuori, tutta, sempre, in ciò che fai: senza vederti — come vivi senza saperlo — con tutto ciò che ti passa per la mente —

Tuda. — se sapesse che cose... —

Giuncano. — non quelle che pensi! dico le cose piú lontane, quelle che si richiamano in te, senza che tu sappi come; e tu le segui, appena ne cogli il richiamo. Ecco, segui quelle: volubile come loro. Finché il tuo corpo può seguirle! Non sarà per molto, bada! Mi muovo anch’io — sí, dentro — sento, sento ancora, sento con tutte le forze dell’anima: ma io, qua, ora, — vedi? — ho questo corpo, io, ora — che odio —

Tuda (quasi sgomenta). — perché? —

Giuncano. — non mi ci sono mai riconosciuto! —

Tuda. — come! — e non è lei? —

Giuncano. — no — quello che vedono gli altri — un estraneo. — tu non puoi sapere. — Non me lo sono fatto io da me, questo corpo. — M’è venuto da uno che sentii sempre estraneo a me —

Tuda. — chi? —

Giuncano. — uno: mio padre! —

Tuda. — estraneo? —

Giuncano. — è orribile, sí! Invecchia, e diviene sempre piú