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Tuda (alla Sarta). Sí. Non c’è male. Mi par che debba andar bene.

Poi, rivolgendosi appena verso Sara:

Che spettacolo, eh?

Sara. Davvero uno spettacolo —

Tuda. — di pessimo gusto! Ma fatto apposta, fatto apposta.

Alla Sarta:

Forse un pochino piú scollato.

La sarta. Ecco, sí. Lo volevo dire. Guardi, cosí...

azione.

Sara (dopo una pausa grave d’imbarazzo). Dossi non c’è?

Tuda (alla Sarta). E forse questi fiori...

S’interrompe, per rispondere a Sara senza guardarla

Credo che sia andato su.

Sara. Eppure sa che vengo a prenderlo sempre a quest’ora.

Tuda. Già. Ma sa anche che ora avete la chiave per entrare quando volete, e che, se vi piace, potete anche salir su.

Sara (subito, risentita). Su non sono mai salita.

Tuda (alla Sarta). Bisognerà far presto. La festa al Circolo è per sabato sera.

A Sara:

Scusatelo, signora: s’è un po’ urtato con me perché ho voluto provare qua i miei abiti; e se n’è salito su, credo, pensando che questo potesse fare un dispiacere a voi.

Sara. A me? E perché?

Tuda. Appunto: me lo domando anch’io: perché? Anzi, vi dovrebbe fare, m’immagino, un gran piacere questa follia che m’ha preso, d’abiti, di pellicce, di cappelli, che gli fa pagar cara la sciocchezza d’avermi sposata. Sogno fiumi di seta, tra ciuffi di piume e spume di merletti... Lo sto rovinando!

Ride.

Sara. Sí sí, fate bene, fate bene!

Tuda. Sarei sciocca anch’io, non vi pare? se non ne approfittassi.