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412 | maschere nude |
Sirio. Sai come traduco tutto questo che hai detto? In un pianto che tu fai, d’esser vecchio. Odii le statue, perché cominci a sentire di non poterti piú muovere, come loro: ecco perché.
Giuncano, sorpreso dell’osservazione, si volta a fissarlo con ira e insieme con maraviglia. Sente picchiare alla porta.
Tuda. Ah: sarà lui, Caravani.
Sirio (reciso, riconoscendo il picchio). No. Fatemi il piacere: di là, un momento.
Indica dietro la tenda. Giuncano e Tuda vi si ritirano. Sirio si reca ad aprire. Entra Sara Mendel, in abito d’amazzone. Bruna, ardita, ambigua, elegantissima, presso ai trent’anni.
Sirio. Piano, ti prego.
Sara. Lavori ancora?
Sirio. Sta per andarsene. Ma c’è altri. Non è possibile.
Sara. Chi c’è?
Sirio. Giuncano.
Sara. Ah, comodo, quello! E non potrei anch’io...
Sirio. Che cosa?
Sara. Vederti lavorare?
Sirio. T’ho detto di no.
Sara. Curioso! Da un uomo no, e da una donna si vergogna a farsi veder nuda?
Sirio. Vieni qua fuori nel giardino.
Sara. Lasciamela vedere!
Sirio. Vieni, ti dico.
Sara. No no. Rimani. Io me ne vado. Séguita, séguita a lavorare. Ma scusa: Caravani non doveva venire a prendersela a mezzogiorno?
Sirio. Difatti t’ho detto che sta per andarsene.
Sara. Lo sai che sta con Caravani?
Sirio. Che vuoi che m’importi con chi sta?
Sara. E che Caravani da una settimana mi fa la corte, lo sai?
Sirio. Lo vedo.
Sara. Che vedi?
Sirio. Che sei vestita, come per il ritratto che ti vuol fare.
Sara. Ah! Chi te l’ha detto? Te l’ha detto lei?
allude con una mossa del capo a Tuda.