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diana e la tuda 409


Pausa

— Morta.

Tuda. Come, morta?

Sirio (con un urlo). Ferma!

Tuda. Eh, dice morta...

Giuncano. Appunto perché ti vuole ferma cosí.

Altra pausa.

Tuda. Ah, dà l’incubo quest’ombra! Anche questo supplizio doveva inventare. Il lume dietro, e l’ombra della statua davanti!

Giuncano. Anche di questo ti vendicherò. Ma non trovo ancora la pasta.

Tuda. Che pasta?

Giuncano. Ardente, ardente: una pasta ardente da calare dentro a tutte le statue per scomporle dai loro atteggiamenti.

Sirio. Insomma, finiamola! Non fai altro che muoverti! Vèstiti e vattene!

Tuda. Abbi pazienza. Ho immaginato che faccia farebbero le statue, sentendosi a poco a poco scomporre dai loro atteggiamenti. Guarda lí nell’ombra: cosí... cosí... cosí...

azione lenta

— senza finire d’essere statue, e pur senza potere esser vive...

Giuncano. No, vive, vive! E allora sí. Mi metterei di nuovo a scolpire!

Sirio. Il miracolo di Pigmalione.

Giuncano. Potere dar loro, con la forma, il movimento e avviarle, dopo averle scolpite, per un viale infinito, sotto il sole, dov’esse soltanto potessero andare, andare, andar sempre, sognando di vivere lontano, fuori dalla vista di tutti, in un luogo di delizia che su la terra non si trova, la loro vita divina.

Tuda (che è già balzata giú dallo zoccolo e s’è rimesso il «chimono» vien fuori dalla tenda, correndo verso Giuncano). Ah, questa, papà Giuncano, non poteva venire in mente che a lei! Glielo do davvero: toh!

lo bacia.