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402 | maschere nude |
Sirio. T’è nata adesso che non lavori piú tutta codesta considerazione per le modelle?
Giuncano (lo guarda sdegnosamente, poi): Per le modelle? Sciocco!
Sirio. Se soffri tanto a vedere lavorare gli altri, perché te ne vieni qua da me?
Giuncano. Perché vorrei che tu almeno —
Sirio. — ah sí? — proprio io? non lavorassi piú?
Giuncano. Coi tuoi danari...
Sirio (con scatto d’ira). Finiscila una buona volta di sbattermeli in faccia, i miei danari!
Giuncano. Io? in faccia? al contrario! Vorrei che ne profittassi —
Sirio. — per non lavorare piú? —
Giuncano. — e li buttassi tu in faccia agli altri: a coloro che fanno le statue per vivere — perché non ne facessero piú!
Sirio. Sei proprio impazzito!
Giuncano (subito, con forza, alzandosi). Ah sí — e ne ringrazio Dio, se vuoi saperlo! — Questa mattina — ah, li ho qua ancora, come una vampa negli occhi — su ai Parioli — tutti quei papaveri — la gioja —
Sirio (stonato). che dici?
Giuncano. — non la volevano dare a nessuno — (chi li vedeva lassú?) — l’avevano, l’avevano per sé, la gioja d’avvampare al sole, cosí in tanti insieme — e il silenzio, su quel loro rosso scarlatto, pareva stupore — stupore.
Sirio (stordito). I papaveri?
Giuncano. Perché ora vedo! Da che sono impazzito come tu dici. Sapessi quante cose che prima non vedevo.
Tuda (ancora dietro la tenda). Ah papà Giuncano, peccato che sono cosí
sottintende: nuda;
gemito
Sirio (a Giuncano). Insomma, te ne vai? vuoi lasciarmi lavorare?
Tuda. Non se ne vada, no, Maestro, non se ne vada!