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Al levarsi del sipario, per un attimo la scena appare vuota. Si apre l’uscio a sinistra ed entra, reggendo la lampa per l’anello in cima, Enrico IV, volto a parlare verso l’interno ai quattro giovani che si suppongono nella sala attigua, con Giovanni, come alla fine del secondo atto.


Enrico IV. No: restate, restate: farò da me. Buona notte.

Richiude l’uscio e si muove, tristissimo e stanco, per attraversare la sala, diretto al secondo uscio a destra, che dà nei suoi appartamenti.

Frida (appena vede che egli ha di poco oltrepassato l’altezza del trono, bisbiglia dalla nicchia, come una che si senta venir meno dalla paura): Enrico...

Enrico IV (arrestandosi alla voce, come colpito a tradimento da una rasojata alla schiena, volta la faccia atterrita verso la parete difondo, accennando d’alzare istintivamente, quasi a riparo, le braccia). Chi mi chiama? (Non è una domanda, è un’esclamazione che guizza in un brivido di terrore e non aspetta risposta dal bujo e dal silenzio terribile della sala che d’un tratto si sono riempiti per lui del sospetto d’esser pazzo davvero.)

Frida (a quell’atto di terrore, non meno atterrita di ciò che si è prestata a fare, ripete un po’ piú forte): Enrico... (Ma sporgendo un po’ il capo dalla nicchia verso l’altra nicchia, pur volendo sostenere la parte che le hanno assegnata.)

Enrico IV (ha un urlo: si lascia cader la lampa dalle mani, per cingersi con le braccia la testa, e fa come per fuggire).

Frida (saltando dalla nicchia sullo zoccolo e gridando come impazzita): Enrico... Enrico... Ho paura... ho paura...

E mentre il Di Nolli balza a sua volta dallo zoccolo e di qui a terra, e accorre a Frida che sèguita a gridare convulsa, sul punto di svenire, irrompono — dall’uscio a sinistra — tutti: il Dottore, Donna Matilde parata anche lei da «Marchesa di Toscana », Tito Belcredi, Landolfo, Arialdo, Ordulfo, Bertoldo, Giovanni. Uno di questi dà subito luce alla sala: luce strana, di lampadine nascoste nel soffitto, per modo che sia sulla scena sol-