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enrico iv 375


nel pozzo. E quante cose mi parevano vere! E credevo a tutte quelle che mi dicevano gli altri, ed ero beato! Perché guai, guai se non vi tenete piú forte a ciò che vi par vero oggi, a ciò che vi parrà vero domani, anche se sia l’opposto di ciò che vi pareva vero jeri! Guai se vi affondaste come me a considerare questa cosa orribile, che fa veramente impazzire: che se siete accanto a un altro, e gli guardate gli occhi — come io guardavo un giorno certi occhi — potete figurarvi come un mendico davanti a una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra, non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e lo toccate; ma uno ignoto a voi, come quell’altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca...

Pausa lungamente tenuta. L’ombra, nella sala, comincia ad addensarsi, accrescendo quel senso di smarrimento e di piú profonda costernazione da cui quei quattro mascherati sono compresi e sempre piú allontanati dal grande Mascherato, rimasto assorto a contemplare una spaventosa miseria che non è di lui solo, ma di tutti. Poi egli si riscuote, fa come per cercare i quattro che non sente piú attorno a sé e dice:

S’è fatto bujo, qua.

Ordulfo (subito, facendosi avanti). Vuole che vada a prendere la lampa?

Enrico IV (con ironia). La lampa, sí... Credete che non sappia che, appena volto le spalle con la mia lampa ad olio per andare a dormire, accendete la luce elettrica per voi qua e anche là nella sala del trono? — Fingo di non vederla...

Ordulfo. Ah! — Vuole allora...?

Enrico IV. No: m’accecherebbe. Voglio la mia lampa.

Ordulfo. Ecco, sarà già pronta, qua dietro la porta.

Si reca alla comune; la apre; ne esce appena e subito ritorna con una lampa antica, di quelle che si reggono con un anello in cima.

Enrico IV (prendendo la lampa e poi indicando la tavola sul coretto). Ecco, un po’ di luce. Sedete, lí attorno alla tavola. Ma non cosí! In belli e sciolti atteggiamenti...