sbarrati dallo spavento. Perché? Dimmi, dimmi tu, perché? Sono calmo, vedi?
Bertoldo. Ma perché... forse, credono che...
Enrico IV. No, caro... no, caro... Guardami bene negli occhi... — Non dico che sia vero, stai tranquillo! — Niente è vero! — Ma guardami negli occhi!
Bertoldo. Sí, ecco, ebbene?
Enrico IV. Ma lo vedi? lo vedi? Tu stesso! Lo hai anche tu, ora, lo spavento negli occhi! — Perché ti sto sembrando pazzo! — Ecco la prova! Ecco la prova!
E ride.
Landolfo (a nome degli altri, facendosi coraggio, esasperato). Ma che prova?
Enrico IV. Codesto vostro sgomento, perché ora, di nuovo, vi sto sembrando pazzo! — Eppure, perdio, lo sapete! Mi credete; lo avete creduto fino ad ora che sono pazzo! — È vero o no?
Li guarda un po’, li vede atterriti.
Ma lo vedete? Lo sentite che può diventare anche terrore, codesto sgomento, come per qualche cosa che vi faccia mancare il terreno sotto i piedi e vi tolga l’aria da respirare? Per forza, signori miei! Perché trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni! — Eh! che volete? Costruiscono senza logica, beati loro, i pazzi! O con una loro logica che vola come una piuma! Volubili! Volubili! Oggi cosí e domani chi sa come! — Voi vi tenete forte, ed essi non si tengono piú. Volubili! Volubili! — Voi dite: «questo non può essere!» — e per loro può essere tutto. — Ma voi dite che non è vero. E perché? — Perché non par vero a te, a te, a te,
indica tre di loro
a centomila altri. Eh, cari miei! Bisognerebbe vedere poi che cosa invece par vero a questi centomila altri che non sono detti pazzi, e che spettacolo dànno dei loro accordi, fiori di logica! Io so che a me, bambino, appariva vera la luna