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enrico iv 373


A Landolfo

Tu ti chiami Lolo?

Landolfo. Sissignore...

Poi con uno scatto di gioja:

Oh Dio... Ma allora?

Enrico IV (subito, brusco). Che cosa?

Landolfo (d’un tratto smorendo). No... dico...

Enrico IV. Non sono piú pazzo? Ma no! Non mi vedete?
— Scherziamo alle spalle di chi ci crede.

Ad Arialdo

So che tu ti chiami Franco...

A Ordulfo

E tu, aspetta...

Ordulfo. Momo!

Enrico IV. Ecco, Momo! Che bella cosa, eh?

Landolfo (c. s.). Ma dunque... oh Dio...

Enrico IV (c. s.). Che? Niente! Facciamoci tra noi una bella, lunga, grande risata...

E ride.

Ah, ah, ah, ah, ah, ah!

Landolfo Arialdo Ordulfo (guardandosi tra loro, incerti, smarriti, tra la gioja e lo sgomento). È guarito? Ma sarà vero? Com’è?

Enrico IV. Zitti! Zitti!

A Bertoldo:

Tu non ridi? Sei ancora offeso? Ma no! Non dicevo mica a te, sai? Conviene a tutti, capisci? conviene a tutti far credere pazzi certuni, per avere la scusa di tenerli chiusi. Sai perché? Perché non si resiste a sentirli parlare. Che dico io di quelli là che se ne sono andati? Che una è una baldracca, l’altro un sudicio libertino, l’altro un impostore... Non è vero! Nessuno può crederlo! — Ma tutti stanno ad ascoltarmi, spaventati. Ecco, vorrei sapere perché, se non è vero. — Non si può mica credere a quel che dicono i pazzi! — Eppure, si stanno ad ascoltare cosí, con gli occhi