dicendomi d’esser di Susa non so perché si sono messe a ridere!
Come in confidenza
Capite? — a letto — io senza quest’abito — lei anche... sí, Dio mio, senz’abiti... un uomo e una donna... è naturale!... Non si pensa piú a ciò che siamo. L’abito, appeso, resta come un fantasma!
E con altro tono, in confidenza al Dottore:
E io penso, Monsignore, che i fantasmi, in generale, non siano altro in fondo che piccole scombinazioni dello spirito: immagini che non si riesce a contenere nei regni del sonno: si scoprono anche nella veglia, di giorno; e fanno paura. Io ho sempre tanta paura, quando di notte me le vedo davanti tante immagini scompigliate, che ridono, smontate da cavallo. Ho paura talvolta anche del mio sangue che pulsa nelle arterie come, nel silenzio della notte, un tonfo cupo di passi in stanze lontane... Basta, vi ho trattenuto anche troppo qui in piedi. Vi ossequio, Madonna; e vi riverisco, Monsignore.
Davanti alla soglia della comune, fin dove li ha accompagnati, li licenzia, ricevendone l’inchino. Donna Matilde e il Dottore, via. Egli richiude la porta e si volta subito, cangiato.
Buffoni! Buffoni! Buffoni! — Un pianoforte di colori! Appena la toccavo: bianca, — rossa, gialla, verde... E quell’altro là: Pietro Damiani. — Ah! Ah! Perfetto! Azzeccato! — S’è spaventato di ricomparirmi davanti!
Dirà questo con gaja prorompente frenesia, movendo di qua, di là i passi, gli occhi, finché all’improvviso non vede Bertoldo, piú che sbalordito, impaurito del repentino cambiamento. Gli si arresta davanti e additandolo ai tre compagni anch’essi come smarriti nello sbalordimento:
Ma guardatemi quest’imbecille qua, ora, che sta a mirarmi a bocca aperta...
Lo scrolla per le spalle.
Non capisci? Non vedi come li paro, come li concio, come me li faccio comparire davanti, buffoni spaventati! E si