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enrico iv | 367 |
alla loro serietà — non fanno miracoli — e cascano sempre in piedi, che è una bellezza!
Bertoldo (che se ne è stato a spiare dietro l’uscio a destra, guardando attraverso il buco della serratura). Eccoli! Eccoli! Accennano a venire qua...
Di Nolli. Ah sí?
Bertoldo. Pare che egli li voglia accompagnare... Sí, sí, eccolo, eccolo!
Di Nolli. Ritiriamoci allora! Ritiriamoci subito!
Voltandosi a Bertoldo prima di uscire:
Bertoldo. Debbo restare?
Senza dargli risposta, Di Nolli, Frida e Belcredi scappano per la comune, lasciando Bertoldo sospeso e smarrito. S’apre l’uscio a destra e Landolfo entra per primo, subito inchinandosi, entrano poi Donna Matilde col manto e la corona ducale, come nel primo atto e il Dottore con la tonaca di Abate di Cluny; Enrico IV è fra loro, in abito regale; entrano infine Ordulfo e Arialdo.
Enrico IV (seguitando il discorso che si suppone cominciato nella sala del trono). E io vi domando, come potrei essere astuto, se poi mi credono caparbio...
Dottore. Ma no, che caparbio, per carità!
Enrico IV (sorridendo, compiaciuto). Sarei per voi allora veramente astuto?
Dottore. No, no, né caparbio, né astuto!
Enrico IV (si ferma ed esclama col tono di chi vuol far notare benevolmente, ma anche ironicamente, che cosí non può stare): Monsignore! Se la caparbietà non è vizio che possa accompagnarsi con l’astuzia, speravo che, negandomela, almeno un po’ d’astuzia me la voleste concedere. V’assicuro che mi è molto necessaria! Ma se voi ve la volete tenere tutta per voi...
Dottore. Ah, come, io? Vi sembro astuto?
Enrico IV. No, Monsignore! Che dite! Non sembrate affatto!
Troncando per rivolgersi a Donna Matilde: