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— cangiato, cangiato, per l’affetto e la devozione di cui ha saputo darmi prova in questo terribile momento!

S’arresta, convulso, dallo scatto iroso, efa sforzi per contenersi, con un gemito d’esasperazione nella gola; poi si volge di nuovo con dolce e dolente umiltà alla Marchesa.

È venuta con me, Madonna; è giù nel cortile; ha voluto seguirmi come una mendica, ed è gelata, gelata da due notti all’aperto, sotto la neve! Voi siete sua madre! Dovrebbero muoversi le viscere della vostra misericordia e implorare con lui,

indica il Dottore

dal Pontefice, il perdono: che ci riceva!

Donna Matilde (tremante, con un filo di voce). Ma sí, sí, subito...

Dottore. Lo faremo, lo faremo!

Enrico IV. E un’altra cosa! Un’altra cosa!

Se li chiama intorno e dice piano, in gran segreto:

Non basta che mi riceva. Voi sapete che egli può «tutto» — vi dico «tutto» — Evoca perfino i morti!

Si picchia sul petto.

Eccomi qua! Mi vedete! — E non c’è arte di magia che gli sia ignota. Ebbene, Monsignore, Madonna: la mia vera condanna è questa — o quella — guardate

indica il suo ritratto alla parete, quasi con paura,

di non potermi piú distaccare da quest’opera di magia! — Sono ora penitente, e cosí resto; vi giuro che ci resto finché Egli non m’abbia ricevuto. Ma poi voi due, dopo la revoca della scomunica, dovreste implorarmi questo dal Papa che lo può: di staccarmi di là

indica di nuovo il ritratto,

e farmela vivere tutta, questa mia povera vita, da cui sono escluso... Non si può aver sempre ventisei anni, Madonna! E io ve lo chiedo anche per vostra figlia: che io la possa amare come ella si merita, cosí ben disposto come sono