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enrico iv | 347 |
che tutti quanti vorremmo non avvenissero, e a cui a malincuore ci rassegniamo!
Dottore (tanto per dire qualche cosa, mentre lo studia attentamente). Eh sí, purtroppo!
Enrico IV. Ecco: quando non ci rassegniamo, vengono fuori le velleità. Una donna che vuol essere uomo... un vecchio che vuol esser giovine... — Nessuno di noi mente o finge! — C’è poco da dire: ci siamo fissati tutti in buona fede in un bel concetto di noi stessi. Monsignore, però, mentre voi vi tenete fermo, aggrappato con tutte e due le mani alla vostra tonaca santa, di qua, dalle maniche, vi scivola, vi scivola, vi sguiscia come un serpe qualche cosa, di cui non v’accorgete. Monsignore, la vita! E sono sorprese, quando ve la vedete d’improvviso consistere davanti cosí sfuggita da voi; dispetti e ire contro voi stesso; o rimorsi; anche rimorsi. Ah, se sapeste, io me ne son trovati tanti davanti! Con una faccia che era la mia stessa, ma cosí orribile, che non ho potuto fissarla...
Si riaccosta alla Marchesa.
La fissa cosí acutamente negli occhi, da farla quasi smorire.
Landolfo (c. s.). Maestà...
Enrico IV (subito). No no, non glielo nomino! So che gli fa tanto dispetto!
Voltandosi a Belcredi, come di sfuggita:
Che opinione eh? che opinione ne avevate... — Ma tutti, pur non di meno, seguitiamo a tenerci stretti al nostro concetto, cosí come chi invecchia si ritinge i capelli. Che importa che questa mia tintura non possa essere, per voi, il color vero dei miei capelli? — Voi, Madonna, certo non ve litingete per ingannare gli altri, né voi; ma solo un poco — poco poco — la vostra immagine davanti allo specchio.