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332 | maschere nude |
tanti di quelli che prendemmo parte alla cavalcata. Cosí, per serbarne un ricordo.
Belcredi. Me lo feci fare anch’io, il mio, di «Carlo d’Angiò»!
Donna Matilde. Appena furono pronti i costumi.
Belcredi. Perché, vede? ci fu la proposta di raccoglierli tutti, per ricordo, come in una galleria, nel salone della villa dove si fece la cavalcata. Ma poi ciascuno volle tenersi il suo.
Donna Matilde. E questo mio, come le ho detto, io lo cedetti — senza poi tanto rincrescimento — perché sua madre...
accenna di nuovo al Di Nolli
Dottore. Non sa se fu lui a richiederlo?
Donna Matilde. Ah, non so! Forse... O fu la sorella, per assecondare amorosamente...
Dottore. Un’altra cosa, un’altra cosa! L’idea della cavalcata venne a lui?
Belcredi (subito). No no, venne a me! venne a me!
Dottore. Prego...
Donna Matilde. Non gli dia retta. Venne al povero Belassi.
Belcredi. Ma che Belassi!
Donna Matilde (al Dottore). Il conte Belassi, che morí, poverino, due o tre mesi dopo.
Belcredi. Ma se non c’era Belassi, quando...
Di Nolli (seccato dalla minaccia di una nuova discussione). Scusi, dottore, è proprio necessario stabilire a chi venne l’idea?
Dottore. Eh sí, mi servirebbe...
Belcredi. Ma se venne a me! Oh questa è bella! Non avrei mica da gloriarmene, dato l’effetto che poi ebbe, scusate! Fu, guardi, dottore — me ne ricordo benissimo — una sera sui primi di novembre, al Circolo. Sfogliavo una rivista illustrata, tedesca (guardavo soltanto le figure, s’intende, perché il tedesco io non lo so). In una c’era l’Imperatore, in non so quale città universitaria dov’era stato studente.
Dottore. Bonn, Bonn.
Belcredi. Bonn, va bene. Parato, a cavallo, in uno degli strani costumi tradizionali delle antichissime società studentesche della Germania; seguito da un corteo d’altri