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enrico iv 329


Donna Matilde. Ma non gli dia retta! Venga! È insoffribile!

Frida. Fa di professione lo scemo, non lo sa?

Belcredi (al Dottore, vedendolo andare). Si guardi i piedi, si guardi i piedi, dottore! i piedi!

Dottore (c. s.). I piedi? Perché?

Belcredi. Ha le scarpe di ferro.

Dottore. Io?

Belcredi. Sissignore. E va incontro a quattro piedini di vetro.

Dottore (ridendo forte). Ma no! Mi pare che — dopo tutto — non ci sia da stupirsi che una figlia somigli alla madre...

Belcredi. Patatrac! Ecco fatto!

Donna Matilde (esageratamente adirata, venendo incontro al Belcredi). Perché patatrac? Che cos’è? Che cos’ha detto?

Dottore (candidamente). Non è forse cosí?

Belcredi (rispondendo alla marchesa). Ha detto che non c’è da stupirsi; mentre voi ne siete tanto stupita. E perché, allora, scusate, se la cosa è per voi adesso cosí naturale?

Donna Matilde (ancora piú adirata). Sciocco! Sciocco! Appunto perché è cosí naturale! Perché non c’è mica mia figlia, là.

Indica la tela.

Quello è il mio ritratto! E trovarci mia figlia, invece che me, m’ha stupito; e il mio stupore, vi prego di credere, è stato sincero, e vi proibisco di metterlo in dubbio!

Dopo questa violenta sfuriata, un momento di silenzio impacciato in tutti.

Frida (piano, seccata). Dio mio, sempre cosí... Per ogni nonnulla, una discussione.

Belcredi (piano anche lui, quasi con la coda tra le gambe, in tono di scusa). Non ho messo in dubbio nulla, io. Ho notato che tu, fin da principio non hai condiviso lo stupore di tua madre; o, se di qualche cosa ti sei stupita, è stato perché le sembrasse tanta la rassomiglianza tra te e quel ritratto.

Donna Matilde. Sfido! Perché lei non può conoscersi in me, com’ero alla sua età; mentre io, là, posso bene riconoscermi in lei com’è adesso.