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enrico iv | 327 |
Il Di Nolli riesce per un momento a invitar gli altri a entrare. Entrano prima il barone Tito Belcredi e il dottor Dionisio Genoni, poi donna Matilde Spina e la marchesina Frida. Giovanni s’inchina ed esce. Donna Matilde Spina è sui 45 anni; ancora bella e formosa, per quanto con troppa evidenza ripari gl’inevitabili guasti dell’età con una violenta ma sapiente truccatura, che le compone una fiera testa di walkiria. Questa truccatura assume un rilievo che contrasta e conturba profondamente nella bocca, bellissima e dolorosa. Vedova da molti anni, ha per amico il barone Tito Belcredi, che né lei né altri han mai preso sul serio, almeno in apparenza. Quel che Tito Belcredi è poi in fondo per lei, lo sa bene lui solo, che perciò può ridere, se la sua amica ha bisogno di fingere di non saperlo; ridere sempre per rispondere alle risa che a suo carico le beffe della marchesa suscitano negli altri. Smilzo, precocemente grigio, un po’ piú giovane di lei, ha una curiosa testa d’uccello. Sarebbe vivacissimo, se la sua duttile agilità (che lo fa uno spadaccino temutissimo) non fosse come inguainata in una sonnolenta pigrizia d’arabo, che si rivela nella strana voce un po’ nasale e strascicata. Frida, la figliuola della marchesa, ha 19 anni. Intristita nell’ombra in cui la madre imperiosa e troppo vistosa la tiene, è anche offesa, in quest’ombra, dalla facile maldicenza che quella provoca, non tanto piú a suo danno, quanto a danno di lei. È però già per fortuna fidanzata al marchese Carlo di Nolli: giovine rigido, molto indulgente verso gli altri, ma chiuso e fermo in quel poco che crede di poter essere e valere nel mondo; per quanto forse, in fondo, non lo sappia bene neanche lui stesso. È, a ogni modo, costernato dalle tante responsabilità che crede gravino su lui; cosí che gli altri sí, gli altri possono parlare, beati loro, e divertirsi; lui no, non perché non vorrebbe, ma perché proprio non può. Veste di strettissimo lutto per la recente morte della madre. Il dottor Dionisio Genoni ha una bella faccia svergognata e rubiconda da satiro; con occhi fuoruscenti, corta barbettina arguta, lucida come d’argento: belle maniere, quasi calvo. Entrano costernati, quasi paurosi, guardando la sala con curiosità (tranne il Di Nolli); e parlano dapprima a bassa voce.
Belcredi. Ah, magnifico! magnifico!