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enrico iv 321


Bertoldo (smarrendosi piú che mai). Oh Dio mio, ma allora è una rovina!

Ordulfo. Eh già! Se credeva d’essere alla Corte di Francia!

Bertoldo. Tutta la mia preparazione storica...

Landolfo. Siamo, caro mio, quattrocent’anni prima! Ci sembri un ragazzino!

Bertoldo (arrabbiandosi). Ma me lo potevano dire, per Dio santo, che si trattava di quello di Germania e non d’Enrico IV di Francia! Nei quindici giorni che m’accordarono per la preparazione, lo so io quanti libri ho scartabellato!

Arialdo. Ma scusa, non lo sapevi che qua il povero Tito era Adalberto di Brema?

Bertoldo. Ma che Adalberto! Sapevo un corno io|

Landolfo. No, vedi com’è? Morto Tito, il marchesino di Nolli...

Bertoldo. È stato proprio lui, il marchesino! Che ci voleva a dirmi...?

Arialdo. Ma forse credeva che lo sapessi!

Landolfo. Non voleva piú assumere nessun altro in sostituzione. Tre, quanti restavamo, gli pareva che potessimo bastare. Ma lui cominciò a gridare: «Cacciato via Adalberto» (perché il povero Tito, capisci? non gli parve che morisse, ma che nella veste del vescovo Adalberto gliel’avessero cacciato via dalla Corte i vescovi rivali di Colonia e di Magonza).

Bertoldo (prendendosi e tenendosi con tutte e due le mani la testa). Ma non ne so una saetta, io, di tutta questa storia!

Ordulfo. Eh, stai fresco, allora, caro mio!

Arialdo. E il guajo è che non lo sappiamo neanche noi, chi sei tu.

Bertoldo. Neanche voi? Chi debbo rappresentare io, non lo sapete?

Ordulfo. Uhm! «Bertoldo».

Bertoldo. Ma chi, Bertoldo? Perché Bertoldo?

Landolfo. «Mi hanno cacciato via Adalberto? E io allora voglio Bertoldo! voglio Bertoldo!» — cominciò a gridare cosí.

Arialdo. Noi ci guardammo tutti e tre negli occhi: Chi sarà questo Bertoldo?

Ordulfo. Ed eccoti qua «Bertoldo», caro mio!