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questa sera si recita a soggetto | 277 |
Si mette a sonare il coro degli zingari, con cui comincia il secondo atto del «Trovatore».
Coro (all’attacco).
«Vedi le fosche notturne spoglie
de’ cieli sveste l’immensa volta:
sembra una vedova che alfin si toglie
i bruni panni ond’era involta.»
Poi, picchiando le vaschette:
«All’opra, all’opra! Dagli. Martella.
Chi del gitano la vita abbella?»
Tre volte:
«La zingarella!»
Pomàrici (a Mommina). Ecco, attenta, signorina! A lei! E voi tutti attorno!
Mommina (facendosi avanti).
«Stride la vampa! la folla indomita
corre a quel foco, lieta in sembianza!
Urli di gioja intorno echeggiano:
cinta di sgherri donna s’avanza.»
Mentre gli altri cantano, prima a coro e ora Mommina a solo, la signora Ignazia, seduta su una seggiola, agitandosi come un’orsa, pestando ora una cianca e ora l’altra, borbotterà in cadenza, come se dicesse in suo suffragio una litania:
La signora Ignazia. Ah Dio, sto morendo! Ah Dio, sto morendo! Penitenza dei miei peccati! Dio, Dio, che spasimo! Forza, Dio, colpiscimi! E fai soffrire me sola! Scontare a me sola, Dio, lo spasso delle mie figliuole! Cantate, cantate, sí sí, godete, figliuole! lasciate arrabbiare me sola per questo dolore ch’è penitenza di tutti i miei peccati! Io vi voglio contente, festanti, festanti, cosí! — Sí, dàgli, martella, addosso a me! a me soltanto, Dio, e lascia godere le mie figliuole! — Ah Dio, la gioja che non potei avere io — mai, mai, Dio, mai, mai — voglio che l’abbiano le mie figliuole! — Debbono averla! debbono averla! Sconto io, sconto io per loro, anche se mancano, Dio, ai tuoi santi comandamenti.