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III

A destra, in fondo, lo scheletro d’una parete vetrata, con uscio in mezzo, per modo che di là da esso si intravveda anche l’anticamera, ma appena, con qualche sapiente tocco di colore e qualche lampada accesa. A metà della scena, altro scheletro di parete, anch’esso con uscio in mezzo, aperto, il quale dal salotto, che resta a destra, immette nella sala da pranzo, accennata sommariamente, con una credenza pretenziosa e una tavola coperta da un tappeto rosso, su cui pende dal soffitto una lampada, ora spenta, con un enorme paralume a campana d’un bel colore arancione e verde. Sulla credenza ci sarà, tra l’altro, una bugia di metallo con la candela, una scatola di fiammiferi e un tappo di bottiglia, di sughero. Nel salotto, oltre il pianoforte, un divano, qualche tavolinetto, seggiole.

Aperto il sipario, si vedrà Pomàrici che seguita a sonare seduto alvpianoforte, e Nenè che balla a quel suono con Sarelli, come Dorina con Nardi, a passo di walzer. Rientrano adesso dal teatro. La signora Ignazia ha legato intorno alla faccia un fazzoletto di seta nera, ripiegato a fascia, per un mal di denti che le è sopravvenuto. Rico Verri è corso a una farmacia notturna in cerca d’una medicina che glielo faccia passare. Mommina è seduta accanto alla madre, sul divano, presso al quale è anche Pometti. Totina è di là (fuori scena) con Mangini.

Mommina (alla madre, mentre Pomàrici suona e le due coppie ballano). Ti fa molto male?

E le avvicina una mano alla guancia.

La signora Ignazia. Arrabbio! Non mi toccare!

Pometti. Verri è già corso alla farmacia: sarà qui a momenti.

La signora Ignazia. Non gli apriranno! Non gli apriranno!

Mommina. Ma hanno l’obbligo d’aprire: farmacia notturna!

La signora Ignazia. Già! Come se non sapessi in che paese viviamo! Ahi! ahi! Non mi fate parlare; arrabbio! Capaci di non aprirgli, se sanno che è per me!