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contorno. Ma dato che per tanti segni si può vedere che ci piglia gusto, e che anzi questo contorno va cercando con ingorda golosità piú che le sane pietanze, buon pro gli faccia; il Dottor Hinkfuss ha ragione lui, e dunque gli scodelli, dopo questa scena del campo di aviazione, un’altra scena, dicendo pur chiaramente e con la sprezzatura del gran signore che può permettersi certi lussi, che in verità della prima si può anche fare a meno, perché non strettamente necessaria. Si sarà perduto un po’ di tempo per ottenere un bell’effetto; si darà a intendere il contrario, che anzi non se ne vuol perdere, tant’è vero che s’è saltata una scena che, senza danno, poteva essere omessa. Ometteremo anche noi i comandi che il Dottor Hinkfuss potrà concertare da sé facilmente con gli apparatori e gli elettricisti e i servi di scena per l’allestimento di quel campo d’aviazione. Appena allestito, scenderà dal palcoscenico nella sala, si metterà nel mezzo del corridojo a regolare bene con altri opportuni comandi gli effetti di luce, e quando li avrà ottenuti perfetti, rimonterà sul palcoscenico.

Il dottor Hinkfuss. No no! Via tutto! Via tutto! Cessi quel ronzío! Spegnere, spegnere. Sto pensando che di questa scena si può fare anche a meno. Sí, l’effetto è bello, ma coi mezzi che abbiamo a disposizione possiamo ottenerne altri non meno belli, che conducano avanti piú speditamente l’azione. Per fortuna io stasera sono libero davanti a voi, e spero che a voi non dispiacerà vedere come si mette su uno spettacolo, non solo sotto i vostri stessi occhi, ma anche (perché no?) con la vostra collaborazione. Il teatro, voi vedete, signori, è la bocca spalancata d’un grande macchinario che ha fame: una fame che i signori poeti...

Un poeta, dalle poltrone. Per piacere, non dica signori ai poeti; i poeti non sono signori!

Il dottor Hinkfuss (pronto). Neanche i critici sono in questo senso signori; e io li ho pur chiamati cosí, per una certa affettazione polemica che, senza offesa, credo in questo caso mi possa essere consentita. Una fame, dicevo, che i signori poeti hanno il torto di non saper saziare. Per questa macchina del teatro, come per altre macchine enormemente e mirabilmente cresciute e sviluppate, è deplo-