Pagina:Pirandello - Maschere nude, Volume I - Verona, Mondadori, 1965.djvu/280

266 maschere nude


La signora Ignazia. Come? Mettendovi a dar lezione, al vostro circolo!

Pometti. Lezione? a chi?

La signora Ignazia. A questi zotici villani del paese! Almeno per un’ora al giorno.

Mangini. Lezione di che?

Pometti. Di creanza?

La signora Ignazia. No no, dimostrativa, dimostrativa. Una lezioncina al giorno, d’un’ora, che li informi di come si vive nella grandi città del Continente. Lei di dov’è, caro Mangini?

Mangini. Io? Di Venezia, signora.

La signora Ignazia. Venezia? Ah Dio, Venezia, il mio sogno! E lei, lei, Pometti?

Pometti. Di Milano, io.

La signora Ignazia. Ah, Milano! Milan.... Figuriamoci! El nost Milan... E io sono di Napoli; di Napoli che — senza fare offesa a Milano — dico, — e salvando i meriti di Venezia — come natura, dico... un paradiso! Chiaja! Posillipo! Mi viene... mi viene da piangere, se ci penso... Cose! Cose!... Quel Vesuvio, Capri... E voi ci avete il Duomo, la Galleria, la Scala... E voi, già, Piazza San Marco, il Canal Grande. Cose! Cose!... Mentre qua, tutte queste fetenzieríe... E fossero soltanto fuori, nelle strade!

Mangini. Non lo dica loro in faccia cosí forte, per carità!

La signora Ignazia. No, no, io parlo forte. Santa Chiara di Napoli, cari miei. Ce l’hanno anche dentro, la fetenzieria. Nel cuore, nel sangue, ce l’hanno. Arrabbiati tutti sempre! Non vi fanno quest’impressione? che siano sempre tutti arrabbiati?

Mangini. Veramente, a me...

La signora Ignazia. — non vi pare? — ma sí, tutti sempre bruciati d’una... come debbo dire? ma sí, rabbia d’istinto, che li fa feroci l’uno contro l’altro; solo che uno, non so, guardi qua anziché là, o si soffi il naso un po’ forte, o gli passi qualcosa per la testa e sorrida; Dio ne liberi e scampi! ha sorriso per me; s’è soffiato il naso cosí forte apposta per fare uno sfregio a me; ha guardato là anziché qua apposta per fare un dispetto a me! Non si può far nulla senza che sospettino che ci debba esser sotto chi sa che malizia;