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questa sera si recita a soggetto |
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Che ne fo io? La prendo a materia della mia creazione scenica e me ne servo, come mi servo della bravura degli attori scelti a rappresentar le parti secondo l’interpretazione che io n’avrò fatta; e degli scenografi a cui ordino di dipingere o architettar le scene; e degli apparatori che le mettono su; e degli elettricisti che le illuminano; tutti, secondo gli insegnamenti, i suggerimenti, le indicazioni che avrò dato io.
In un altro teatro, con altri attori e altre scene, con altre disposizioni e altre luci, m’ammetterete che la creazione scenica sarà certamente un’altra. E non vi par dimostrato con questo che ciò che a teatro si giudica non è mai l’opera dello scrittore (unica nel suo testo), ma questa o quella creazione scenica che se n’è fatta, l’una diversa dall’altra; tante, mentre quella è una? Per giudicare il testo, bisognerebbe conoscerlo; e a teatro non si può, attraverso un’interpretazione che, fatta da certi attori, sarà una e, fatta da certi altri, sarà per forza un’altra. L’unica sarebbe se l’opera potesse rappresentarsi da sé, non piú con gli attori, ma coi suoi stessi personaggi che, per prodigio, assumessero corpo e voce. In tal caso sí, direttamente potrebbe essere giudicata a teatro. Ma è mai possibile un tal prodigio? Nessuno l’ha mai visto finora. E allora, o signori, c’è quello che con piú o meno impegno s’ingegna di compiere ogni sera, coi suoi attori, il Direttore di scena. L’unico possibile.
Per levare a quello ch’io dico ogni aria di paradosso, v’invito a considerare che un’opera d’arte è fissata per sempre in una forma immutabile che rappresenta la liberazione del poeta dal suo travaglio creativo: la perfetta quiete raggiunta dopo tutte le agitazioni di questo travaglio.
Bene.
Vi pare, signori, che possa piú essere vita dove non si muove piú nulla? dove tutto riposa in una perfetta quiete?
La vita deve obbedire a due necessità che, per essere opposte tra loro, non le consentono né di consistere durevolmente né di muoversi sempre. Se la vita si movesse sempre, non consisterebbe mai: se consistesse per sempre, non si moverebbe piú. E la vita bisogna che consista e si muova.
Il poeta s’illude quando crede d’aver trovato la liberazione