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Il pubblico, nell’improvvisa penombra, si fa dapprima attento; poi, non udendo il gong che di solito annunzia l’aprirsi del sipario, comincia ad agitarsi un po’; e tanto piú, allorché dal palcoscenico, attraverso il sipario chiuso, gli giungono voci confuse e concitate, come di proteste di attori e di riprensioni d aparte di qualcuno che voglia imporsi per troncare quelle proteste.
Un signore della platea (si guarda in giro e domanda forte): Che avviene?
Un altro della galleria. Si direbbe una lite sul palcoscenico.
Un terzo delle poltrone. Forse farà parte dello spettacolo.
Qualcuno ride.
Un signore anziano, da un palco (come se quei rumori fossero un’offesa alla sua serietà di spettatore molto per la quale). Ma che scandalo è questo? Quando mai s’è sentita una cosa simile?
Una vecchia signora (balzando dalla sua sedia di platea, nelle ultime file, con una faccia di gallina spaventata). Non sarà mica un incendio, Dio liberi?
Il marito (subito trattenendola). Sei pazza? Che incendio? Siedi e stai tranquilla.
Un giovane spettatore vicino (con un malinconico sorriso di compatimento). Non lo dica nemmeno per ischerzo! Avrebbero abbassato il sipario di sicurezza, signora mia.
Suona finalmente il gong sul palcoscenico.
Alcuni nella sala. Ah, ecco! ecco!
Altri. Silenzio! Silenzio!
Ma il sipario non s’apre. S’ode, invece, di nuovo il gong; a cui risponde dal fondo della sala la voce bizzosa del direttore Dottor