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ciascuno a suo modo 201


Rocca. Sono state dette di me cose atroci. So che il signor Savio, senza conoscermi, mi ha difeso. Ora egli non deve; non deve ascoltare quella donna, senza prima sapere da me come stanno veramente le cose!

Prestino. Ma ormai è inutile, caro signore!

Rocca. No! Come, inutile?

Prestino. Inutile, sí, sí, inutile qualunque intromissione!

Il primo. C’è una sfida accettata —

L'altro — le condizioni stabilite —

Diego. — e gli animi radicalmente mutati.

Prestino (irritatissimo, a Diego). Ti prego di non immischiarti e smettila, perdio, una buona volta!

Il primo. Che gusto a ingarbugliare peggio le cose!

Diego. Ma no; anzi! È venuto qua credendo che Savio lo abbia difeso — ngli faccio sapere che ora non lo difende piú.

Rocca. Ah! Ora m’accusa anche lui?

Diego. Ma non lui solo, creda!

Rocca. Anche lei?

Diego. Anch’io, sissignore. E tutti, qua, come può vedere.

Rocca. Sfido! Hanno parlato finora con quella donna!

Diego. No no, sa? Nessuno di noi. E neanche Savio, che sta a sentirla di là, ora, per la prima volta.

Rocca. E come allora m’accusano? Anche il signor Savio che prima mi difendeva? E perché si batte egli allora col signor Palegari?

Diego. Caro signore, in lei — lo capisco — assume — assume forme impressionanti, ma creda che — come dicevo la pazzia è veramente un po’ in tutti. Si batte, se vuol saperlo, proprio perché s’è ricreduto sul suo conto.

Il primo (di scatto, con gli altri). Ma no! Non gli dia retta! —

L'altro — si batte perché dopo il chiasso della sera avanti, il Palegari se n’è irritato —

Il primo (incalzando). — e l’ha insultato —

Prestino (c. s.). — e il Savio ha raccolto l’insulto e l’ha sfidato —

Diego (dominando tutti) — pur essendo oramai tutti d’accordo —

Rocca (subito, con forza). — nel giudicar me, senza avermi sentito? Ma come ha potuto quest’infame donna tirarsi tutti cosí dalla sua?