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ciascuno a suo modo 199


jersera, in quel momento? Lo diceva a se stesso! Non l’hai capito. Al pagliaccetto che non scorgeva in sé, ma vedeva in te che gli facevi specchio! — Rido... Ma io rido cosí; e il mio riso ferisce prima di tutti me stesso.

Pausa. Restano tutti come assorti a pensare, ciascuno a sé. E ciascuno, poi, tra una pausa e l’altra, parlerà come per sé soltanto.

Francesco. Certo, io non ho nessun vero astio contro Doro Palegari. Mi ha trascinato lui...

Prestino (dopo un’altra pausa). Tante volte bisogna anche far vista di credere. Non deve scemare, anzi crescere la pietà, se la menzogna ci serve per piangere di piú.

Il primo (dopo un’altra pausa, come se leggesse nel pensiero di Francesco Savio). Chi sa, la campagna... come dev’essere bella adesso...

Francesco (spontaneamente, senza sorpresa, come per scusarsi). Ma se avevo fin anche comprato i giocattoli per portarli alla mia nipotina!

L'altro È ancora cosí bellina come l’ho conosciuta io?

Francesco. Piú bella! Un amore di bimba... Limpida! Dio, che bellezza!

Cosí dicendo, ha estratto da una scatola un orsacchiotto; gli ha dato la carica; e ora lo posa sul pavimento per farlo saltare, tra la risata degli amici. Dopo la risata, una pausa, triste.

Diego (a Francesco). Senti: se io fossi in te...

È interrotto dal Cameriere che si presenta sulla soglia dell’uscio a destra.

Cameriere. Permesso?

Francesco. Che cos’è?

Cameriere. Avrei da dirle una cosa...

Francesco (gli s’avvicinerà e ascolterà ciò che il Cameriere gli dirà piano; poi, contrariato). Ma no! Ora?

E si volterà a guardare gli amici, incerto, perplesso.

Diego (subito). È lei?

Prestino. Tu non puoi riceverla: non devi!

Il primo. Già — mentre pende la vertenza —

Diego. — ma no! non è mica per lei, la vertenza!